La lettura di un breve articolo di Annamaria Testa (qui il link) mi ha stimolato alcune riflessioni, che condivido “a ruota libera”.
Viviamo in un’epoca in cui i concetti di flessibilità e creatività godono di alterne fortune, sono vissuti ciclicamente – e spesso anche contestualmente – in senso positivo o negativo, ma – in ogni caso – restano centrali nel nostro modo di leggere la realtà e nel dibattito che ciò alimenta. L’incipit dell’articolo di Annamaria è proprio legato a quest’oscillazione tra “senso autentico” e “interpretazioni fuorvianti” di flessibilità e creatività. Approccio interessante, sebbene io preferisca parlare di “applicazioni non funzionali” piuttosto che di interpretazioni (il che implicherebbe la sovrastrutturazione di una griglia di valori, mentre vorrei evitare quest’ambito specifico).
Non nascondo che, in ambito business come in realtà nella nostra vita quotidiana, flessibilità e creatività siano per me elementi centrali nell’implementazione di un mindset (che se ci piace possiamo chiamare “Agile”) realmente in grado di fare la differenza.
Flessibilità e Creatività sono anche intrinsecamente legate. Non si può approcciare in modo realmente creativo una situazione (la soluzione di un problema, la progettazione di un prodotto/servizio, la definizione di un processo aziendale, etc.) senza essere flessibili, senza essere capaci di rimodellare i nostri schemi e rivedere le nostre metodologie… e ciò vale tanto per i singoli individui quanto e soprattutto per i team e le organizzazioni. Allo stesso tempo essere flessibili ci “costringe” a forme di ri-adattamento continuo (di reframe, per usare un termine caro al designthinking) che possono essere affrontate solo portando ad alti livelli il nostro potenziale creativo.

Attenzione, al netto delle diverse predisposizioni degli individui, un mindset basato su concetti di flessibilità e creatività (che rappresenti un effettivo nuovo approccio alle nostre azioni) può essere costruito ed allenato, ciò che risulta fondamentale è comprendere come l’obiettivo centrale non risieda nell’implementazione di tools/metodologie di lavoro: ricordiamoci che parliamo di uno state of mind da formare e tenere in costante esercizio, il metodo e gli strumenti che ne derivano sono solo una conseguenza (per quanto inizialmente ci aiutino a comprendere e – come mi piace sottolineare – ad entrare nel giusto mood). Ciò che mi preme sottolineare, alla fine, è che cambiare le lenti con cui siamo abituati a leggere la realtà ed i processi analitici che ne conseguono e continuare ad allenare in tal senso la nostra mente deve diventare quasi un’ossessione! Ecco perchè si… credo che flessibilità e creatività possano effettivamente essere il nostro nuovo mantra.